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Immagine del redattoreElena Cornelli

Manipolazione psicologica e dipendenza mentale

È possibile resistere alla manipolazione psicologica? Per scoprirlo è utile conoscere le tecniche più subdole usate dai manipolatori e capire gli strumenti per resistere alla dipendenza mentale.


Mente e manipolazione.


Un binomio che fa emergere la relazione esistente tra il cervello e la possibilità che ciò che si pensa, possa essere modificato e cambiato, secondo il volere altrui.


Ma è possibile manipolare una persona inducendola a pensare qualcosa di diverso da ciò che crede? La risposta è sì.

Ciascuno, seppur convinto delle proprie idee, valori e credenze, può essere oggetto di manipolazione e sentirsi progressivamente meno sicuro, fino ad arrivare, nei casi più estremi, ad entrare in confusione, perdendo sicurezza e lucidità mentale. La manipolazione va considerata come un elemento intrinseco alla

comunicazione e nella quotidianità si può essere “vittime” di manipolazione, mentre in altri casi “artefici”.

Quando si usano le parole infatti, si decide quali utilizzare e il tono con cui dirle, così da portare l’interlocutore verso un obiettivo ben preciso, quello che interessa al soggetto che sta manipolando. Fino a qui, il processo manipolatorio generato è benevolo, perché non procura danni ai protagonisti. Se invece si decide volontariamente di utilizzare il canale comunicativo per danneggiare l’altro a proprio vantaggio, ci si dirige verso una forma di comunicazione subdola, pericolosa ed a volte distruttiva.

Ciò che accade infatti, non è semplicemente manipolare in modo bonario, ma significa ricorrere ad artefici retorici, strategie tese ad ottenere il controllo sugli altri. Il fine ultimo è perseguire l’utile del persuasore. Non si tratta più di utilizzare carisma, fascino, dialettica, avvenenza per influenzare gli altri, ma usare la comunicazione e le parole, per creare nell’interlocutore dubbi, mescolando il vero e il falso.

Come afferma lo psicoterapeuta e giornalista Cafiso nel libro Il peso delle parole”, le parole possono cambiare i destini perché lavorano sulla neuroplasticità del cervello, inducendo meccanismi di problem

solving di fronte a situazioni nuove e avverse affrontandole in modo risolutivo e positivo. Così facendo si creano “impronte” positive, emozioni e immagini nella mente.


Esistono però anche contesti in cui le parole assumono valore negativo, generando immagini ed emozioni negative. Lo studio svolto da Goldstein presso il Brookhaven National Laboratory è utile per affermare che l’uso costante di parole negative, stimola un’alterazione dei livelli ormonali e dei neurotrasmettitori. Leggere ripetutamente la parola “No” per un secondo, stimola il rilascio dell’ ormone dello stress, il cortisolo. Gli ormoni influenzano i pensieri che a loro volta condizionano i comportamenti.

Lo stesso esperimento ha evidenziato che anche le parole evocano cambiamenti nella fisiologia del cervello che si manifestano nella modifica di specifiche aree cerebrali come l’ippocampo, le cortecce temporali e frontali, la corteccia parietale. Quindi la parola è in grado di generare cambiamenti comportamentali perché produce stati d’animo. È capace di creare cambiamenti interiori, convincimenti, adesioni a credenze di ogni tipo, anche prive di senso. È capace di disattivare le facoltà della ragione e di indurre nelle sue vittime, modi di pensare ingannevoli e inaffidabili. Può inoltre generare percezioni negative dell’altro, creando errori nel ragionamento nei quali si può cadere soprattutto a causa delle ambiguità del linguaggio usato. Diversi studiosi, tra cui Milgram, hanno svolto esperimenti per comprendere se i partecipanti obbedissero a comandi impartiti dall’autorità anche se in opposizione alla loro coscienza.


I risultati?


La maggior parte dei soggetti ha obbedito alle istruzioni impartite anche se con riluttanza, affermando come la manipolazione cambia idee, pensieri e assoggetta le vittime al loro persuasore. Pertanto, se le parole vengono utilizzate da chi vuole manipolare in modo maligno, è ben comprensibile la potente arma che il “carnefice” ha nelle proprie mani, mentre la vittima risulta impotente e succube. Per alcune persone manipolare in modo negativo è un imperativo categorico, una necessità che deve essere nutrita. Per ottenere il loro risultato i manipolatori sono attenti a proiettare all’esterno immagini di sé positive e temono le situazioni che possono rivelare la loro personalità. La manipolazione mentale avviene attraverso bias cognitivi, cioè distorsioni, che il persuasore crea nell’interlocutore, generando convincimenti conformi al proprio pensiero e visione della realtà.

Molte volte il persuasore si inserisce nella vita della vittima cogliendo un momento di fragilità, così da avere maggior potere e riuscire a manipolare con maggiore facilità. Si tratta infatti di situazioni in cui il fascino manipolatorio si insinua nella mente della vittima e le fa credere ciò che il persuasore desidera, senza alcun abuso fisico o maltrattamento, ma lavorando esclusivamente sul piano mentale, così da azzerare il senso critico e l’autodeterminazione della vittima. Il persuasore è capace di disorientare la vittima portandola all’alienazione. La manipolazione può avvenire in diversi ambiti a partire da quello sociale con la presenza di capi carismatici che riescono a radunare attorno a sé folle di persone, capaci di arrivare fino alla morte per perseguire gli ideali del “gruppo” o della “setta spirituale” a cui appartengono. Vi è poi l’ambito della relazione, quello più lesivo a livello mentale, perché fatto di comportamenti che portano la vittima a ignorare completamente i propri confini, ideali, invalidando sentimenti ed emozioni a favore del pensiero del “carnefice”.

Se la manipolazione arriva a privare la vittima del libero arbitrio o dell’autonomia, assume una forma distruttiva. Parlare di manipolazione però obbliga a considerare diverse forme di manipolazione, che possono essere racchiuse in tre categorie. Si parla infatti di manipolazione come influenza che aggira la ragione, quando la si usa come strumento da parte dei potenti per opprimere gli altri. Un esempio che la storia ci porta alla memoria è rappresentato dalle ideologie marxiste che attraverso una forma di falsa coscienza, sfruttano i lavoratori da parte dei capitalisti. Si parla invece di manipolazione ingannevole quando le persone che vivono un momento di fragilità sono vulnerabili all’inganno.

Ed infine si parla di manipolazione come pressione quando la vittima si trova in una situazione disperata a livello finanziario, sociale o emotivo e qualcuno approfitta della difficoltà facendo ulteriore pressione.





ALTRE FORME DI MANIPOLAZIONE MENTALE: NEGGING, GASLIGHTING, BREADCRUMBING


A queste forme appena descritte si possono aggiungere il negging, tecnica caratterizzata da insulti mascherati da finti complimenti al fine di far sentire chi la subisce momentaneamente inferiore, così da

essere sedotto con maggior facilità. Vi è poi il gaslighting, il cui nome deriva da “Gas light”, opera teatrale adattata da Alfred Hitchcock nel film “Rebecca, la prima moglie”, che racconta la storia di un marito che cerca di portare alla pazzia la consorte, manipolando piccoli elementi dell’ambiente come luce e gas, convincendola che ciò che lei riteneva vero, fosse falso. Tale tecnica infatti induce la vittima a pensare di essere “pazza” in seguito ad una serie di eventi mai accaduti a cui però viene obbligata a credere, inducendo confusione e destabilizzazione mentale profonda. Una delle tecniche più utilizzate nella comunicazione manipolatoria è il breadcrumbing, dall’inglese “spargere le briciole”. Nata dal mondo delle reti sociali, si diffonde poi in quello delle relazioni fisiche. Il termine ricorda la persona che offre briciole di pane ai piccioni per attrarle a sé. Si tratta di una modalità che attira la vittima con comportamenti ambigui e superficiali. Chi usa questa tecnica invia dei messaggi alla vittima, delle briciole, intervallando presenza a momenti di silenzio così da creare costante tensione, fino ad assumere totale controllo. Si tratta di segnali minimi, inviati per alimentare speranze nell’altro e fargli credere nella possibilità dell’istaurarsi di una relazione che però non si concretizza mai. Questa tecnica genera il “doppio legame”, cioè una relazione paradossale basata sull’ambiguità. La vittima è imprigionata in un rapporto in cui si sente coinvolta ma non comprende i messaggi ambigui che riceve di cui non riesce a decodificare il senso e vive una profonda insicurezza personale, senso di colpa e confusione di valori.

Anche la mistificazione è un modo di controllare gli altri e consiste nell’usare astuzia per alterare la realtà, attribuendo a una persona comportamenti a cui è estranea. Si tratta di un processo molto pericoloso perché porta a una falsificazione della realtà, aderendo a schemi e credenze ridicole e senza logica.


MA E' POSSIBILE SFUGGIRE ALLA MANIPOLAZIONE MENTALE?


Rispondere a questa domanda non è semplice visto che la quotidianità è caratterizzata dalla manipolazione, declinata nelle sue diverse forme. Da quella meno pericolosa adottata dalle aziende, pubblicità e dalle strategie di marketing per lavorare “sottosoglia” e convincere gli acquirenti ad acquistare prodotti, a quella più subdola e pericolosa che sottomette le vittime che trovano sulla loro strada manipolatori maligni. Ciò che è possibile fare è imparare a decodificare le ambiguità, sviluppando resistenza contro il linguaggio seduttivo. Più ci si abitua ad accettare le realtà scomode, ad analizzare la superficie senza perdere mai di vista la profondità, più la manipolazione farà fatica a trovare terreno fertile. Più si è in grado di diffidare da chi divide, crea conflitto e discriminazione, meno condizionamenti si radicheranno nella mente. Più la ragione sarà in grado di vincere la seduzione di un’idea o di una parola, più si avranno a disposizione le armi giuste per ridurre il potere della manipolazione e dei manipolatori maligni.

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